Un giorno come tanti Era una giorno come tanti, uno di quei giorni che dici: che faccio oggi? Boh… me ne vado a pesca.
Così presi la mia attrezzatura, telefonai ad un amico ed mi avviai verso il lago.
Il lago quel giorno aveva un non so che di spettrale, il vento usava le foglie degli alberi per dire insulti e maledizioni, intorno il silenzio.
Non era la prima volta che andavo a pescare in quel posto, le altre volte mi ero divertito perché quel lago era tranquillo, trasmetteva serenità, ma non quel giorno. Eravamo andati li con la moto e dato che nei giorni precedenti aveva piovuto c’era del fango, arrivati ad un certo punto una macchia di fango ci tirò a sé e sembrava volesse inghiottirci per poi risputarci in chissà quale fetido luogo melmoso, ne uscimmo a fatica, sporchi di fango fino alle ossa ma ne uscimmo, qualcosa mi diceva che era meglio tornare a casa, ma eravamo andati per pescare e avremmo fatto ciò che ci eravamo prefissati.Arrivammo sulla sponda, c’era una calma piatta, solo il vento ci parlava e non era una bella sensazione, il lago era immobile ma nell’aria si avvertiva una tensione fortissima, come se da un momento l’acqua sarebbe esplosa in una turbine vaporescente con la sola volontà di inghiottirci e tornare alla finta tranquillità precedente.
Buttammo le esche in acqua e iniziammo ad aspettare, i nostri occhi erano inchiodati ai galleggianti e non potevamo staccarli come se fossimo sotto un chissà quale incantesimo, passò più di un ora e non successe nulla ma la tensione cresceva e l’aria sembrava irrespirabile, l’acqua ormai era un dolce richiamo, era la cura per le nostre sofferenze, eravamo bloccati in quel luogo senza tempo, lo spazio si era ormai dilatato, il lago era ovunque ed era in tutto, ma ad un certo punto accadde qualcosa, il mio galleggiante che fino ad un momento prima sembrava immerso nel ghiaccio tanto era immobile, fu inghiottito con una tale forza che la canna si piegò e fu sul punto di spezzarsi, questo movimento mi risvegliò dalla trance in cui ero caduto, con un colpo secco afferrai la canna con due mani, il filo sembrava inchiodato al fondo del lago cercavo di girare il mulinello che tirare a riva quel diavolo che aveva abboccato ma non succedeva nulla, una mano diabolica dall’altra parte tirava con una forza di mille mani, all’improvviso il filo schizzò verso il centro del lago, e poi verso le sponde e poi si fermava e ripartiva dopo un secondo, capii che sarebbe stata una dura battaglia ma qualcosa mi diceva che potevo vincerla, dopo circa dieci minuti di combattimento affiorò a pelò d’acqua la più bella carpa che avessi mai visto, aveva gli occhi di fuoco e tirava come un bisonte, la sfinii con un gioco di frizione del mulinello, dopo altri 5 minuti si arrese e si lasciò trascinare verso la riva e proprio quando stavo per tirarla fuori, con un colpo di coda spaventoso urlò la sua ultima voglia di libertà, 2 secondi dopo giaceva nel mio retino, ero sfinito anche io, chiusi la canna, scattai qualche foto, e guardando l’animale lo ringraziai e lo ridiedi al lago…
Non sarei mai più tornato in quel posto…
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